Alessandra AbbondanzaPIMU 2015, family portraits è un contenitore. Un luogo dove scorriamo i volti dei giovani protagonisti di questa edizione e ci facciamo raccontare qualcosa di loro. Uno spazio che tiene conto delle emozioni a caldo di chi si è appena esibito sul palco del Teatro Marchetti e che ci aiuta a tratteggiare ogni membro di quella che è la grande famiglia del jazz. 

Alessandra Abbondanza, classe 1990, voce (Cesena)

D: Come è andata?

R: Sono felicissima e molto emozionata. È un privilegio poter suonare con dei musicisti sublimi. Sono soddisfatta e nonostante la naturale tensione da palcoscenico posso dire che ero serena.

D: Perché hai scelto questo pezzo?

R: Duke Ellington’s sound of love… beh, amo moltissimo Mingus e questo è un brano molto toccante con il quale da subito ho instaurato un certo feeling.

D: Unica voce e unica donna… come ti senti a confrontarti con concorrenti uomini e strumentisti?

R: Mi capita spessissimo, sono abituata ormai. Non mi sento più così strana in questo “ruolo atipico” nelle competizioni. Poi i ragazzi sono tutti molto gentili, il clima è molto piacevole.

D: Il Premio, l’obbiettivo è vincerlo ma a parte questo?

R: Il mio obiettivo è comporre musica. Studio jazz da tre anni e ho capito che questo è il mio genere. Vorrei incidere i miei brani, questo è il mio obiettivo.

D: Cos’è il jazz per te?

R: Sicuramente è una forma di musica… una composizione estemporanea. È uno strumento di codificazione della musica, così come la senti. È il tuo modo di sentire la musica, le cose, il mondo. Uno spazio di totale libertà. Per questo è il mio genere. (ride)